Dalla guerra tra poveri a una nuova coscienza di classe
Nessuna società cresce senza integrare le parti sociali più deboli.
Tonio Mura |
Forse è il caso di ripassare qualche lezione di senso civico, di diritto e di rispetto per gli altri, specialmente di chi si trova nella condizione di bisogno. Ritengo sia assolutamente ridicolo, infatti, pensare che esistano persone di serie A e di serie B, persone che vantano diritti e altre che non ne hanno e non possono averne, tantomeno chiederli. Penso sia assurdo che un Paese conti il primato di essere uno dei sette più industrializzati al mondo e non sia capace di primeggiare anche in accoglienza e solidarietà.
Vedo che cresce il pericolo di un'involuzione sociale, fomentata da alcuni personaggi politici la cui ignoranza culturale primeggia in ogni dove, dalla tv ai socialnet, dimentichi delle grandi lezioni della storia e della strada che porta al vero progresso e allo sviluppo sociale.
Vedo che cresce il pericolo di un'involuzione sociale, fomentata da alcuni personaggi politici la cui ignoranza culturale primeggia in ogni dove, dalla tv ai socialnet, dimentichi delle grandi lezioni della storia e della strada che porta al vero progresso e allo sviluppo sociale.
Vedo in giro tanta gente che ha paura, e la paura è un sentimento che blocca la speranza, che riduce il desiderio di futuro, che fa crescere il sospetto e la diffidenza verso l'altro. La prospettiva, se si continua così, è una società triste, che si piange addosso, incapace di confrontarsi con i grandi cambiamenti che stanno trasformando il mondo. Che quella di domani sia una società multietnica non sono io a dirlo ma tutte le ricerche sociali che cercano di capire qual è la direzione del cambiamento.
Sentire certi politici vomitare contro i disperati della terra che sono alla ricerca di una vita migliore, rischiando di perdere anche quell'unica vita, è uno spettacolo indegno e fondato sull'irrazionalità. Ho l'impressione che si stia giocando con le tante crisi (economica, lavorativa, abitativa, culturale, sociale, religiosa, politica e chi più ne ha più ne metta) per parlare alla pancia della gente, innescando una terribile guerra tra poveri come antidoto alla rivolta popolare. Cose già viste in altri tempi figli dell'autoritarismo, la maniera più irresponsabile e scellerata di negare le più elementari libertà dell'uomo.
Il percorso alternativo sarebbe quello di unire la protesta di tutti i poveri, di creare luoghi di vera solidarietà; spazi di confronto e di organizzazione, dove ci si ascolta e ci si aiuta, dove si decide per la lotta vera cioè la lotta contro l'ingiustizia sociale, l'unica lotta che unisce la popolazione degli esclusi.
Che senso ha mettere il disoccupato contro l'extracomunitario quando per tutti e due il problema è il lavoro che non c'è? Che senso ha mettere lo sfrattato contro lo zingaro quando per tutti e due il problema è mettere la testa sotto un tetto? Lavoro, casa, istruzione, cittadinanza, salute sono temi che uniscono; chi lavora per dividere è in mala fede e lo sa perfettamente. Una volta questa era la lotta che univa la classe operaia, oggi dovrebbe essere la lotta che unisce gli esclusi, quelli che non contano, quelli che non si meritano gli 80 euro di Renzi e che non possono andare alla cena di beneficenza da 1000 euro a partecipante!
Oggi un Parlamento eletto con una legge elettorale dichiarata anticostituzionale e un Capo di Governo mai eletto dai cittadini stanno tentando di smantellare il sistema delle tutele sociali, a partire dal lavoro e dalla scuola per giungere alla sanità e alla rete dei servizi pubblici. Si chiudono ospedali e biblioteche, fabbriche e patronati, servizi pubblici di trasporto e università. Il tutto per salvare la nazione! Nel contempo chi era già ricco vede aumentare la sua ricchezza, chi era già povero si sente un po' più povero e chi apparteneva alla classe media deve faticare per arrivare a fine mese.
Ebbene, queste sono vere e proprie contraddizioni sociali, sono l'intollerabile arroganza di chi pensa alla società in termini concorrenziali, dove per uno che va avanti altri 1000 devono rimanere indietro.
In tutto questo la politica ha una grande responsabilità, perché si rifiuta di vedere e perpetua i metodi dello spreco, dell'inganno, della corruzione e del clientelismo, oggi anche quelli della xenofobia, i mali atavici della nostra disgraziata Italia. Divide et impera, dicevano i latini, ma anche vulgus vult decipi ergo decipiatur che significa: se il popolo vuole essere ingannato inganniamolo! Se questo rimane il ragionamento, e se nessuno si oppone, la partita è persa in partenza.
Ritengo invece che sia necessario agire esattamente in senso opposto, unendo tutte le lotte degli esclusi, che sono le vere lotte di civiltà. Perché è dimostrato che nessuna società cresce senza integrare le parti sociali più deboli, perché non c'è sviluppo se cresce la platea degli assistiti, perché non c'è libertà senza autodeterminazione, senza poter scegliere il proprio futuro. Non c'è neppure vera democrazia, se è vero come è vero che ormai va a votare meno della metà degli aventi diritto, delusi da un sistema della politica autoreferenziale e di casta.
Penso che bisogna ritornare alla lezione di Paul Freire, il famoso pedagogista brasiliano che ha dedicato una vita per farci capire che il mondo può cambiare solo se si investe nell'educazione del popolo e specialmente dei più poveri.
Si tratta di ricostruire una sorta di coscienza di classe, la sola che può restituire dignità a una condizione sociale che non esiste per uno strano scherzo del destino ma a causa di un sistema economico fondato sul profitto fine a se stesso, e scarsamente impegnato nella distribuzione equa della ricchezza.
Questa nuova coscienza di classe è quella che deve portarci ad apprezzare ogni azione volta a migliorare la condizione di vita degli esclusi, senza alcuna distinzione tra le varie categorie. Penso, per esempio, a forme di edilizia agevolata e popolare, alla cooperazione sociale, alle borse lavoro per i Rom, a forme di turismo sociale, a una scuola aperta, non selettiva e veramente gratuita, a comunità di accoglienza anche temporanea per extracomunitari, allo sport per tutti. E a chi sostiene che così aumenta il peso della spesa sociale rispondo che fare queste cose significa investire in benessere e educazione, in prevenzione e senso civico.
Meno carceri più scuole, si diceva una volta! Lo ricordo perché un'altra legge sociale non scritta ci spiega che può crescere solo quella società che è in grado di offrire opportunità di cambiamento ai più poveri, togliendoli dal circuito dell'assistenza, o da quello delinquenziale, per renderli capaci di costruirsi un futuro attraverso lo studio e il lavoro, il riconoscimento dei diritti e il rispetto dei doveri.
E questo vale per tutti: per Carlo, per Aisha, per Vanessa, per Yuxin, per Matunde, per Dmitri ...
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