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Accipicchia che sicurezza
La bolla ovattata di Stefano Lubrano.
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| Paola Corredu |
Neanche un accenno di autocritica nelle ultime dichiarazioni del Sindaco Lubrano.
Nessun tentennamento nel difendere a “spada tratta” il suo esecutivo, di cui elogia il lavoro indefesso, la completa dedizione alla città e ai suoi problemi. Neanche un dubbio sulla qualità del lavoro svolto da questi assessori a prescindere dalla quantità.
Insomma, per il Sindaco Lubrano, sembra che ad Alghero tutto vada bene, tutto funzioni a meraviglia. I problemi vengono affrontati con decisione e risolti con rapidità. Un’azione amministrativa celere ed efficace.
La nostra lingua ci riflette
Pensieri per una politica sulle lingue dei sardi.
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| Tonio Mura |
C’è un tema che è centrale quando si parla dei processi di colonizzazione e di dipendenza: la lingua. A questo proposito il Mahatma Gandhi, in un discorso tenuto all’Università Induista di Benares per celebrarne l’apertura, con tono apertamente polemico disse:” (…) Considero profondamente umiliante e vergognoso per noi il fatto di vedermi costretto, questa sera, all’ombra di questa grande università, in questa città sacra, a rivolgermi ai miei concittadini in una lingua che mi è estranea”. La circostanza, infatti, e una parte degli invitati, imponevano l’uso dell’inglese e non quello della lingua del posto, cioè l’hindi. Subito dopo Gandhi aggiunse: ”La nostra lingua ci riflette, e se mi dite che le nostre lingue sono troppo povere per esprimere i concetti migliori, per me è come se mi diceste che prima ci priveranno della nostra esistenza, meglio sarà per noi”.
Era il 4 febbraio 1916 e la reazione dei presenti fu tale che da lì a poco Gandhi prima fu interrotto e poi dovette rinunciare di portare a termine il suo intervento. Perché una tale reazione? Cosa disse Gandhi di così offensivo? Ebbene, Gandhi denunciò il processo di colonizzazione dell’India ad opera degli inglesi, e lo fece nel luogo della cultura per eccellenza, cioè l’università. Lo fece evidenziando come fosse paradossale che in un paese di grandi tradizioni si dovesse studiare usando una lingua straniera. Lo disse segnalando che ogni giovane indiano, costretto a istruirsi per il tramite della lingua inglese, perdeva almeno sei preziosi anni di vita. Lo disse sperando che l’istruzione universitaria dei giovani indiani potesse venire impartita nei loro idiomi.
Dall’India alla Sardegna il passo è breve. Con l’ingresso della Sardegna nel Regno d’Italia iniziò (per non dire continuò) anche il processo di italianizzazione della nostra isola. La scuola, a partire da quella del Casati, è stato lo strumento che più di altri ha operato affinché i sardi apprendessero la nuova lingua, cioè l’italiano. Il resto lo ha fatto il servizio di leva, la burocrazia e, a partire dalla fine degli anni ’50, la TV di Stato. E tutto questo è stato possibile nonostante il sardo sia una lingua più antica di quella di Dante! Anzi il sardo veniva (per non dire viene) declassato a dialetto. L’ingresso nell’alta società era direttamente proporzionale al livello di conoscenza della lingua ufficiale del Regno.
La lezione di Gandhi ci invita a non abbandonare l’uso del sardo, o di qualsiasi altro idioma usato dalla gente di Sardegna, ad esempio l’algherese. Il perché è presto detto: la nostra lingua ci riflette! Detto in altri termini: noi siamo la nostra lingua. “Le parole sono azioni” diceva L. Wittgenstein, e non è indifferente dire le stesse parole in una lingua anziché in un’altra. I musulmani leggono il Corano solo in arabo, e non per niente ogni moschea che si rispetti ha la sua scuola coranica, la madrasa, dove appunto si studia quella che è considerata la lingua di Allah. Ogni traduzione del Corano, poi, è solo una rappresentazione imperfetta dei suoi contenuti, perché sin dalle origini per i seguaci di Maometto “tradurre è come tradire”.
Il legame di un popolo con la sua lingua, quindi, è strettissimo. Così stretto che per le potenze coloniali è il primo elemento da indebolire attraverso l’imposizione di una nuova lingua. Può accadere, però, che la nuova lingua non sostituisca del tutto la lingua di appartenenza del popolo sottomesso, e che di fatto questa sia semplicemente considerata una seconda lingua. Questa forma di resistenza la dice lunga sul significato identitario di una lingua, sul ruolo che essa riveste quando si tratta di definire la propria appartenenza sociale e culturale. Cosa di non poco conto, specialmente quando proprio attraverso le forme di riappropriazione della propria lingua si vuole combattere l’assoggettamento coloniale. E’ il caso della Corsica, dei corsi e del corso. Qui il processo di riappropriazione del corso si è spinto a tal punto da far diventare lo studio della lingua locale materia scolastica, e attraverso la lingua sono veicolate la storia, la cultura, le tradizioni, il canto e la musica e quant’altro va a definire la condizione del popolo corso. Diciamo che la nuova sensibilità linguistica più che al rifiuto della nuova lingua ci spinge al recupero di quella del posto. Non solo: le esigenze del mondo globalizzato ci spingono a conoscere più lingue, relativizzando così il peso della lingua imposta dalle forze colonizzatrici o dai regimi totalitari.
Veniamo alla Sardegna e ai sardi, ad Alghero e agli algheresi, a Carloforte e ai carlofortini. Qui si parlano lingue di peso, purtroppo si parlano sempre di meno, però si tratta di lingue che nonostante il continuo processo di italianizzazione non sono scomparse. Mi sembra un buon punto di partenza per impostare un programma di riappropriazione delle nostre lingue tradizionali, con tutto ciò che ne consegue in termini anche politici. Il che significa che prima di sentirci italiani siamo sardi, e tali rimaniamo anche quando parliamo in inglese o in spagnolo.
La lezione di Gandhi ci invita a non abbandonare l’uso del sardo, o di qualsiasi altro idioma usato dalla gente di Sardegna, ad esempio l’algherese. Il perché è presto detto: la nostra lingua ci riflette! Detto in altri termini: noi siamo la nostra lingua. “Le parole sono azioni” diceva L. Wittgenstein, e non è indifferente dire le stesse parole in una lingua anziché in un’altra. I musulmani leggono il Corano solo in arabo, e non per niente ogni moschea che si rispetti ha la sua scuola coranica, la madrasa, dove appunto si studia quella che è considerata la lingua di Allah. Ogni traduzione del Corano, poi, è solo una rappresentazione imperfetta dei suoi contenuti, perché sin dalle origini per i seguaci di Maometto “tradurre è come tradire”.
Il legame di un popolo con la sua lingua, quindi, è strettissimo. Così stretto che per le potenze coloniali è il primo elemento da indebolire attraverso l’imposizione di una nuova lingua. Può accadere, però, che la nuova lingua non sostituisca del tutto la lingua di appartenenza del popolo sottomesso, e che di fatto questa sia semplicemente considerata una seconda lingua. Questa forma di resistenza la dice lunga sul significato identitario di una lingua, sul ruolo che essa riveste quando si tratta di definire la propria appartenenza sociale e culturale. Cosa di non poco conto, specialmente quando proprio attraverso le forme di riappropriazione della propria lingua si vuole combattere l’assoggettamento coloniale. E’ il caso della Corsica, dei corsi e del corso. Qui il processo di riappropriazione del corso si è spinto a tal punto da far diventare lo studio della lingua locale materia scolastica, e attraverso la lingua sono veicolate la storia, la cultura, le tradizioni, il canto e la musica e quant’altro va a definire la condizione del popolo corso. Diciamo che la nuova sensibilità linguistica più che al rifiuto della nuova lingua ci spinge al recupero di quella del posto. Non solo: le esigenze del mondo globalizzato ci spingono a conoscere più lingue, relativizzando così il peso della lingua imposta dalle forze colonizzatrici o dai regimi totalitari.
Veniamo alla Sardegna e ai sardi, ad Alghero e agli algheresi, a Carloforte e ai carlofortini. Qui si parlano lingue di peso, purtroppo si parlano sempre di meno, però si tratta di lingue che nonostante il continuo processo di italianizzazione non sono scomparse. Mi sembra un buon punto di partenza per impostare un programma di riappropriazione delle nostre lingue tradizionali, con tutto ciò che ne consegue in termini anche politici. Il che significa che prima di sentirci italiani siamo sardi, e tali rimaniamo anche quando parliamo in inglese o in spagnolo.
Le lingue del posto devono trovare spazio tra le materie curricolari della scuola, anzi con l’introduzione del sardo nelle scuole (o di altra lingua locale) si deve avviare il percorso di rivisitazione dei luoghi della storia, per reinterpretare gli avvenimenti dentro il nostro contesto identitario e culturale. È attraverso sa lingu che si compie il ritorno alle origini e si scoprono i valori di appartenenza che è giusto salvaguardare nel presente e nel futuro. Una politica che vuole riscattare i soprusi subiti dai sardi non può che ripartire dal ruolo fondamentale che bisogna riconoscere al nostro idioma. Il che significa che dovranno espandersi anche le possibilità di autogoverno dei sardi, secondo le prospettive di un federalismo maturo, che lega i popoli e le lingue del Mediterraneo e si apre alle prospettive della comunità europea. La riconquista della lingua, quindi, come possibilità per proporci come soggetti originali e indipendenti nel panorama internazionale, rifuggendo ogni forma di chiusura e isolazionista.
31 Luglio 1947, il “piano di ricostruzione di Cagliari”
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Festeggiamenti per la Signora della Mercede
Il programma delle celebrazioni e delle attività di intrattenimento.
ALGHERO / In festa la comunità religiosa della Parrocchia N. S. della Mercede - Alghero. Iniziano i festeggiamenti per la Madonna.
Spacciava ai giardini pubblici
Arrestato con la marijuana in tasca.
ALGHERO / I carabinieri della compagnia di Alghero ieri sera hanno arrestato Riccardo Piras per detenzione di droga ai fini di spaccio.
ALGHERO / I carabinieri della compagnia di Alghero ieri sera hanno arrestato Riccardo Piras per detenzione di droga ai fini di spaccio.
Per Alguerosa si riparte con l'azzeramento della giunta
«A un simile fallimento non può seguire altro se non un ricambio di tutte le figure assessoriali».
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| Il sindaco Lubrano tra gli assessori Monte e Scanu |
ALGHERO / Il movimento politico Alguerosa ribadisce il giudizio negativo sull'amministrazione guidata dal sindaco Stefano Lubrano e rilancia la sua proposta per trovare una via d'uscita all'empasse: «Da tempo ribadiamo la nostra insoddisfazione rispetto all’operato della giunta, e nel fare questo ci limitiamo a riportare la voce insoddisfatta del nostro elettorato e della città - si legge in un comunicato - Per questo abbiamo avanzato proposte di rilancio dell’attività dell’amministrazione. Alcune di queste proposte sono stato accolte e condivise, ma solo a parole: secondo la proposta presentata dal sindaco, la collegialità nel processo decisionale doveva essere il punto centrale per condurre la giunta verso un’azione amministrativa che ricalcasse la direttrice politica e valoriale del centrosinistra».
I Comuni italiani sull’orlo del fallimento
I comuni devono approvare i bilanci di previsione del 2013 entro il 30 settembre. No, non è un refuso.
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| Antonio Budruni |
I comuni devono approvare i bilanci di previsione del 2013 entro il 30 settembre. No, non è un refuso e non c’è niente da ridere. Il governo ha infatti concesso una proroga anche in virtù delle scelte che dovranno essere fatte sull’Imu.
Dunque, i comuni – se tutto andrà bene – approveranno il 30 settembre un bilancio di previsione che avrà una fase di attuazione di soli tre mesi (ottobre, novembre e dicembre).
Nei giorni scorsi, il sindaco di Torino Piero Fassino (di recente eletto presidente dell’Anci, l’associazione dei comuni italiani) ha rilasciato una durissima intervista a un quotidiano nazionale riservando durissime critiche ai governi del recente passato e a quello attualmente in carica, accusandoli di aver utilizzato i comuni italiani come bancomat del governo.
La sentenza sulla marea gialla
Una sentenza che suscita confusione in coloro che sono coinvolti, e non dovrebbe.
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| Enrico Muttoni |
La sentenza che ha chiuso, non si sa per quanto tempo, i risvolti penali dell’"affare marea mialla" ha, nella sua chiarezza, suscitato altra confusione in coloro che sono, più o meno direttamente, coinvolti.
La confusione deriva dal non riuscire ad comprendere il problema: il quale, bisogna dire, non è di facile divulgazione e spiegazione.
30 Luglio 1740, estrazioni minerarie in Sardegna
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Continuità 2, Bruno: «Un fallimento annunciato»
Dall'autunno incertezza sui collegamenti per Torino, Bologna, Verona e Napoli.
«La Sardegna perde i voli in continuità con Torino, Bologna, Verona e Napoli: questa ad oggi è l'unica certezza».
Così il consigliere regionale Mario Bruno: «Mentre si attende l'esito, non scontato, della gara con compensazione su Roma e Milano, a partire dal prossimo autunno diventeranno incerti i voli, gli orari, le destinazioni, il diritto alla mobilità dei cittadini sardi per gli altri scali nazionali. E' un fallimento, purtroppo, annunciato».
Deiezioni canine e chip: ripartono i controlli
Accordo con le associazioni di volontariato.
Grazie alla collaborazione con le associazioni di volontariato che si occupano di protezione animale, quattro unità hanno cominciato ad operare nei parchi urbani ( Manno, Maria Pia e Lungomare Barcellona) con l’obbiettivo di segnalare gli incivili per l’applicazione delle relative sanzioni.
Il comunismo e Papa Francesco
Sento dire in giro, da alcuni con preoccupazione e da altri con gioia, anche in margine al Suo recente viaggio in Brasile, che questo Papa è comunista. Direi che quella preoccupazione sia assolutamente ingiustificata e quella gioia assolutamente illusoria. Il Papa , secondo la mia interpretazione di quanto ha detto, Egli agisce solo ed esclusivamente nell’ambito del cristianesimo e della sua dottrina tradizionale. Infatti, riguardo alle questioni sociali , ha detto che “L’unità è superiore al conflitto” ed ha aggiunto: “ La prospettiva di una ricompensa trascendentale non esime l’uomo dall’obbligo di lottare per i diritti personali, sociali, etici, umani e patriottici. Preferisco i costruttori di ponti ai costruttori di mura, ma non negozio mai la mia identità cattolica.” altro che “lotta di classe” e materialismo dialettico o storico. Cosa ha, poi, in comune col monolitismo internazionalista o col “pensiero unico” neo-capitalista, entrambi negatori delle diversità culturali, la sua espressione : “La globalizzazione si governa con un modello a poliedro, che nell’unità mantiene l’originalità delle singole parzialità” Egli ha anche esplicitamente affermato: “Il cristianesimo condanna con uguale forza il comunismo e il capitalismo selvaggio. Esiste la proprietà privata, ma deve esserci anche l’obbligo l’ obbligo di socializzarla, entro parametri equi. Nel comunismo tutto ciò che trascende e prospetta una speranza oltre la vita immanente, paralizza le azioni in questo mondo: È un oppio. La perversione spirituale del capitalismo vuole addomesticare la religione per trasformarla in qualcosa di mondano. Anche qui oppio.“
Personalmente a coloro che sostengono che il comunismo fosse affine al cristianesimo domando: “ da che cosa deducono che Cristo non si è incarnato per conciliare l’uomo a Dio ma per costruire una società atea, senza Dio, come quella auspicata dal marxismo? È vero, inoltre, che l’analisi marxista–leninista è fondata sul materialismo ateo e che tende a condurre, di conseguenza, l’umanità ad una concezione materialistica e atea dell’esistenza . Inoltre, poiché nel Vangelo è scritto che ” è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei cieli” sembra balzano ritenere che ciò voglia dire che in paradiso entrano coloro che non pongono i beni materiali al di sopra dei valori spirituali? Cosa c’entra, allora, col cristianesimo quel marxismo, che, al contrario, riduce il suo paradiso solo al presunto godimento dei beni materiali? Sbaglio se penso che le stesse considerazioni valgano per il “ giovane ricco”, che, anziché cercare i beni dello spirito, preferì mantenere quelli materiali? È verissimo che le Sacre Scritture raccontano che i primi cristiani misero in comune i loro beni. Chiedo, comunque, se lo fecero spontaneamente e, cioè, per vivere nel modo perfetto l’amore reciproco , come, del resto, fanno anche oggi i monaci di molte comunità, o se vi furono costretti o se costrinsero altri al “comunismo”? Non è forse questa la differenza tra il “comunismo” di quei primi cristiani e quello marxista-leninista? Vi sembra una differenza di poco conto il fatto che il comunismo abbia, invece, imposto il collettivismo con la violenza?
È vero o no, inoltre, che il marxismo pone le religioni, le diverse idee politiche e tutte le “culture” prodotte dall’intelligenza umana tra le ”sovrastrutture” da abbattere, perché sarebbero state imposte dalle classi dominanti e, in epoca moderna, dal capitalismo? Cosa c’è di cristiano in questa impostazione ideologica? Mi chiedo, a questo punto : in base a quale logica la “teologia della liberazione” ha pensato che il cristianesimo possa adottare il marxismo come strumento di analisi per liberare la fede cristiana dalle strutture di potere e ideologiche e per operare una trasformazione sociale? È vero, inoltre, che Cristo vuole la giustizia sociale, tanto che predilige gli ultimi, gli emarginati, gli uomini senza potere? Come può, allora, essere considerato comunista , dato che il totalitarismo marxista-leninista prevedeva che il partito e, quindi chi lo dominava , fosse il “nuovo principe”, come lo definì Gramsci, ossia avesse un potere assoluto, egemonico, totalitario su tutto e su tutti? Anche se mi auguro di tutto cuore che questo Ponterfice riesca ribaltare voltare come un calzino l'ingiusto e opprimente sistema neocapitalista, in conclusione mi chiedo: Cosa ha a che fare il marxismo col cristianesimo e con Papa Francesco?
Personalmente a coloro che sostengono che il comunismo fosse affine al cristianesimo domando: “ da che cosa deducono che Cristo non si è incarnato per conciliare l’uomo a Dio ma per costruire una società atea, senza Dio, come quella auspicata dal marxismo? È vero, inoltre, che l’analisi marxista–leninista è fondata sul materialismo ateo e che tende a condurre, di conseguenza, l’umanità ad una concezione materialistica e atea dell’esistenza . Inoltre, poiché nel Vangelo è scritto che ” è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei cieli” sembra balzano ritenere che ciò voglia dire che in paradiso entrano coloro che non pongono i beni materiali al di sopra dei valori spirituali? Cosa c’entra, allora, col cristianesimo quel marxismo, che, al contrario, riduce il suo paradiso solo al presunto godimento dei beni materiali? Sbaglio se penso che le stesse considerazioni valgano per il “ giovane ricco”, che, anziché cercare i beni dello spirito, preferì mantenere quelli materiali? È verissimo che le Sacre Scritture raccontano che i primi cristiani misero in comune i loro beni. Chiedo, comunque, se lo fecero spontaneamente e, cioè, per vivere nel modo perfetto l’amore reciproco , come, del resto, fanno anche oggi i monaci di molte comunità, o se vi furono costretti o se costrinsero altri al “comunismo”? Non è forse questa la differenza tra il “comunismo” di quei primi cristiani e quello marxista-leninista? Vi sembra una differenza di poco conto il fatto che il comunismo abbia, invece, imposto il collettivismo con la violenza?
È vero o no, inoltre, che il marxismo pone le religioni, le diverse idee politiche e tutte le “culture” prodotte dall’intelligenza umana tra le ”sovrastrutture” da abbattere, perché sarebbero state imposte dalle classi dominanti e, in epoca moderna, dal capitalismo? Cosa c’è di cristiano in questa impostazione ideologica? Mi chiedo, a questo punto : in base a quale logica la “teologia della liberazione” ha pensato che il cristianesimo possa adottare il marxismo come strumento di analisi per liberare la fede cristiana dalle strutture di potere e ideologiche e per operare una trasformazione sociale? È vero, inoltre, che Cristo vuole la giustizia sociale, tanto che predilige gli ultimi, gli emarginati, gli uomini senza potere? Come può, allora, essere considerato comunista , dato che il totalitarismo marxista-leninista prevedeva che il partito e, quindi chi lo dominava , fosse il “nuovo principe”, come lo definì Gramsci, ossia avesse un potere assoluto, egemonico, totalitario su tutto e su tutti? Anche se mi auguro di tutto cuore che questo Ponterfice riesca ribaltare voltare come un calzino l'ingiusto e opprimente sistema neocapitalista, in conclusione mi chiedo: Cosa ha a che fare il marxismo col cristianesimo e con Papa Francesco?
Il poker algherese
Nella "crisi" della giunta Lubrano, le carte sono ora sul tavolo.
| Carlo Mannoni |
Sulla politica algherese abbiamo scritto e scriviamo da tempo in tanti. In questi giorni gli interventi, tutti autorevoli, sulla "crisi" della giunta Lubrano si ripetono incalzanti. Anche il sindaco ha, finalmente, detto pubblicamente la sua.
Le carte del poker sono ora, sul tavolo, ben scoperte o, se amate gli scacchi, le posizioni sulla scacchiera dei pezzi "pesanti" preludono a mosse definitive o dichiarate tali.
Dopo lo sciame sismico delle critiche, delle repliche e delle contro repliche, c'è da aspettarsi per caso uno scossone, anche se di assestamento, che stabilizzi la (nuova) giunta comunale verso un futuro di proficuo lavoro?
La lotta giusta dei giornalisti della Nuova Sardegna
I giornalisti della Nuova Sardegna si battono per difendere una storia preziosa.
“Centovent'anni meritano rispetto”. Così comincia il testo dell’appello lanciato dal CDR de “La Nuova Sardegna” prima dello sciopero di due giorni (il 26 e il 27 luglio) proclamato per protestare contro la decisione dell’ editore Finegil (gruppo Espresso) di incorporare la testata sarda nella finanziaria del gruppo De Benedetti, spostandone la sede a Roma e decretando, quindi, la fine dell’autonomia di uno dei due più importanti quotidiani sardi.
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| Antonio Budruni |
Penso che i cento vent’anni della Nuova Sardegna meritino un grande, uno speciale, rispetto. Per ciò che il giornale nato a Sassari alla fine del secolo XIX ha rappresentato per la Sardegna democratica e per l’intero Paese.
Non spetta a me, in questa sede, ricostruire la storia del glorioso quotidiano voluto dalla borghesia progressista sassarese. Voglio soffermarmi, invece, sul ruolo che il giornale, allora diretto da Medardo Riccio, svolse in campo regionale, ma, forse mai come allora, anche in campo nazionale, nei mesi di luglio e agosto del 1911: cinquantenario dell’Unità d’Italia.
Non spetta a me, in questa sede, ricostruire la storia del glorioso quotidiano voluto dalla borghesia progressista sassarese. Voglio soffermarmi, invece, sul ruolo che il giornale, allora diretto da Medardo Riccio, svolse in campo regionale, ma, forse mai come allora, anche in campo nazionale, nei mesi di luglio e agosto del 1911: cinquantenario dell’Unità d’Italia.
Un mistero nei social network
L'esibizione dell’ignoranza come valore.
Non mi riferisco tanto ai veri e propri troll il cui comportamento e le cui motivazioni sono ormai descritti da una vasta letteratura.
Parlo del fatto che talvolta persone con il loro nome e cognome veri o con pseudonimi abbastanza riconoscibili scrivono con una certa sistematicità dei commenti insensati e sgrammaticati senza pudore alcuno specie sui media on-line.
Insensati perché non hanno alcuna attinenza con l’argomento o con la notizia. Sgrammaticati al punto da essere imbarazzanti, specie perché alcuni di loro dichiarano - verosimilmente - di avere un diploma o (dio ci perdoni!) persino una laurea.
Quello chi li distingue da un troll - anche se molte volte le motivazioni sono simili a quelle dei troll veri e propri - è che ci mettono la faccia e spesso sono convinti di “contribuire” alla discussione.
I lettori dei media on-line locali avranno sicuramente in mente alcuni di loro, figure patetiche e incomprensibili che espongono deliberatamente e ripetutamente le proprie miserie e la propria abituale ignoranza. E non è solo lo sfogo del rancore esasperato, della rabbia dell’emarginazione o dell’impotenza. È un’esibizione dell’ignoranza come valore.
Guardate, io penso che a volte ci sono persone che sono ignoranti senza averne colpa; ma chi si vanta della propria ignoranza o la si esibisce mette paura.
L’ignoranza riprende ed esaspera i luoghi comuni, cerca di renderli senso comune; su di essa lucrano le loro fortune politiche i tanti movimenti razzisti e xenofobi e i politici che li utilizzano. Ma rimane un mistero cosa possa spingere una persona a mettere in mostra la propria ignoranza, a vantarsene. I social media rendo possibile e visibile questa esibizione; a me fa un po’ paura. Anzi, molta paura.
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| Arnaldo 'Bibo' Cecchini |
Parlo del fatto che talvolta persone con il loro nome e cognome veri o con pseudonimi abbastanza riconoscibili scrivono con una certa sistematicità dei commenti insensati e sgrammaticati senza pudore alcuno specie sui media on-line.
Insensati perché non hanno alcuna attinenza con l’argomento o con la notizia. Sgrammaticati al punto da essere imbarazzanti, specie perché alcuni di loro dichiarano - verosimilmente - di avere un diploma o (dio ci perdoni!) persino una laurea.
Quello chi li distingue da un troll - anche se molte volte le motivazioni sono simili a quelle dei troll veri e propri - è che ci mettono la faccia e spesso sono convinti di “contribuire” alla discussione.
I lettori dei media on-line locali avranno sicuramente in mente alcuni di loro, figure patetiche e incomprensibili che espongono deliberatamente e ripetutamente le proprie miserie e la propria abituale ignoranza. E non è solo lo sfogo del rancore esasperato, della rabbia dell’emarginazione o dell’impotenza. È un’esibizione dell’ignoranza come valore.
Guardate, io penso che a volte ci sono persone che sono ignoranti senza averne colpa; ma chi si vanta della propria ignoranza o la si esibisce mette paura.
L’ignoranza riprende ed esaspera i luoghi comuni, cerca di renderli senso comune; su di essa lucrano le loro fortune politiche i tanti movimenti razzisti e xenofobi e i politici che li utilizzano. Ma rimane un mistero cosa possa spingere una persona a mettere in mostra la propria ignoranza, a vantarsene. I social media rendo possibile e visibile questa esibizione; a me fa un po’ paura. Anzi, molta paura.
29 Luglio 1764, esportazioni clandestine e i contrabbandi
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Azzeramento giunta: parla Stefano Lubrano
Lettera aperta del sindaco alla città sulla situazione politica.
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| Stefano Lubrano |
«Ho accettato di impegnarmi nell'amministrazione della città mettendo al centro dell'azione politica il bene di Alghero, nient'altro.
Sulla base di questo principio ho ritenuto che una giunta composta da personalità estranee alle dinamiche di partito, pur essendone espressione, fosse la scelta più coerente e credo che questo segno di cambiamento sia stato uno dei punti di forza che mi ha portato a vincere primarie ed elezioni amministrative.
Sulla base di questo principio ho ritenuto che una giunta composta da personalità estranee alle dinamiche di partito, pur essendone espressione, fosse la scelta più coerente e credo che questo segno di cambiamento sia stato uno dei punti di forza che mi ha portato a vincere primarie ed elezioni amministrative.
Assediati nella città murata
Il Comitato di Quartiere sulla situazione dei pass per la Ztl, parcheggi e mobilità nel Centro Storico.
Il Comando di Polizia Municipale ha concesso la sola visione degli elenchi, senza rilasciarne copia, in luogo del completo accesso richiesto dal Comitato.
Quanto emerso, nei limiti di ciò che abbiamo potuto apprendere, è quantomeno sconcertante.
Quanto emerso, nei limiti di ciò che abbiamo potuto apprendere, è quantomeno sconcertante.
Suggerimenti al sindaco
Lubrano farebbe bene a dar retta a chi gli suggerisce un radicale cambio di passo.
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| Giovanni Oliva |
In questi giorni si susseguono le dichiarazioni di importanti sostenitori del sindaco Stefano Lubrano nelle quali anche alcuni sponsor politici e innamorati della prim’ora, a un anno dalla sua elezione, rivelano la loro profonda delusione.
Io posso dire invece di non essere assolutamente deluso. E non sono deluso da Stefano perché non mi sono mai illuso sulle sue personali capacità politiche e sul fatto che da solo potesse conoscere e da solo risolvere tutti i gravi problemi della città.
Non avevo dubbi sul fatto che per il bene comune di Alghero occorresse un profondo cambiamento e quindi prima di tutto una discontinuità amministrativa e programmatica che sarebbe stata possibile solo se fosse stata sconfitta la coalizione di destra che vedeva in posizione di forza i responsabili di sciagurate legislature nelle quali erano state inferte alla città ferite profonde e causati guasti strutturali e morali difficilmente curabili. L’amore per la nostra comunità cittadina mi ha convinto che, nonostante Stefano non fosse il mio candidato ideale, era senz’altro il candidato da votare e da sostenere lealmente, una volta eletto.
Collaudata la nuova Tac
Si potrà utilizzare da settembre.
| La nuova Tac |
L’Ospedale Civile di Alghero ha una nuova Tac. I giorni scorsi i tecnici della Asl di Sassari hanno concluso il collaudo della nuova Unità di Tomografia Computerizzata installata presso l’Unità Operativa di Radiologia del presidio di via Don Minzoni.
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