Se diventassi il presidente
Da dove iniziare? Dal problema del lavoro, naturalmente.
Muttoni |
È stato stabilito il giorno in cui andremo a votare per l’elezione del presidente e del consiglio della Regione: un dovere che, nonostante i mugugni, le ritrosie, e una palese irritazione, verrà adempiuto da una larga maggioranza di cittadini.
Non ho fiducia, nessuna, nella classe politica che verrà eletta, anche se coltivo sempre la speranza che qualche personalità riesca ad emergere da una desolante mediocrità.
Non ho fiducia, nessuna, nella classe politica che verrà eletta, anche se coltivo sempre la speranza che qualche personalità riesca ad emergere da una desolante mediocrità.
Ed allora mi permetto di fantasticare, da oggi a quel fatidico lunedì pomeriggio, su cosa farei io, se mi toccasse di fare il presidente della Regione. Fantasticare non è, per il momento, reato; è forse un peccato di presunzione. Ma da quanto si intravede nella nebbia delle candidature, e da quanto dimostrato dalla storia passata, si può stare sicuri che chiunque, ma proprio chiunque, potrebbe ricoprire la carica presidenziale; e senza rischio di risultare il peggiore della serie.
Da dove iniziare? Dal problema del lavoro, naturalmente. E allora pochi ma essenziali obiettivi: il divieto di esportazione di qualunque materia prima che non abbia subìto almeno una lavorazione; l’obbligo per le aziende che chiedono finanziamenti di avere la sede sociale in Sardegna, e quello di formare in breve tempo una dirigenza locale; il blocco dei finanziamenti a fondo perduto erogandoli solo in proporzione al fatturato. Chi acquista macchinari, immobili, terreni e quant’altro con finanziamenti pubblici, in caso di cessazione dell’attività, non ne può disporre in alcun modo. La Regione deve da subito interrompere i finanziamenti ad attività tecnicamente obsolete, inutili ed addirittura dannose, come l’estrazione del carbone del Sulcis, e dirottare le somme verso la riconversione su iniziative economicamente concorrenziali, o servizi pubblici.
Deve poi essere affrontata la questione dell’autosufficienza alimentare, nel senso che il bilancio tra quanto esportato e quanto importato deve risultare positivo, con una spinta poderosa verso l’associazionismo dei produttori, in modo che le quantità prodotte soddisfino anche i grandi mercati. L’autosufficienza alimentare è strettamente legata al turismo, un’industria che in Sardegna non riesce ad uscire da una situazione di dilettantesco artigianato, privo di professionalità, adagiato sulla certezza che, comunque vada, le bellezze della Sardegna continueranno ad attirare la clientela. Se fossi il presidente, farei cancellare l’imbroglio della continuità territoriale, e quello delle rotte in esclusiva.
Sempre con lo scopo di mantenere pulita ed in ordine la nostra regione, rivoluzionerei i sistemi di raccolta e trattamento rifiuti, utilizzando sistemi adatti alla situazione geografica ed alla distribuzione della popolazione. Chiusura delle discariche e trattamento tecnologico dei rifiuti, con impianti per il trattamento distribuiti secondo la necessità del bacino di utenza, ovviamente con il recupero energetico e dei materiali.
Sono solo pochi esempi della lunghissima serie di problemi che ci soffocano: non dimentico certo scuola, sanità, servitù militari, energia.
Se fossi il presidente…..a questo punto sarei già bloccato dall’infinita serie di regolamenti che impediscono di mettere mano a quanto ho scritto sopra, che paralizzano qualunque progresso, e che fanno la felicità dei traffichini della politica, che difendono i loro interessi dietro il rigore e la conservazione delle leggi, comunitarie, nazionali o locali che siano.
Quello che quindi auguro a me ed agli altri elettori è che, dopo una campagna elettorale noiosa e priva di contenuti, ma infarcita di proclami e dichiarazioni di principio, venga eletto, per pura fortuna e ad insaputa dei suoi presentatori e sostenitori, un lestofante innamorato della sua terra, non della poltrona.
Da dove iniziare? Dal problema del lavoro, naturalmente. E allora pochi ma essenziali obiettivi: il divieto di esportazione di qualunque materia prima che non abbia subìto almeno una lavorazione; l’obbligo per le aziende che chiedono finanziamenti di avere la sede sociale in Sardegna, e quello di formare in breve tempo una dirigenza locale; il blocco dei finanziamenti a fondo perduto erogandoli solo in proporzione al fatturato. Chi acquista macchinari, immobili, terreni e quant’altro con finanziamenti pubblici, in caso di cessazione dell’attività, non ne può disporre in alcun modo. La Regione deve da subito interrompere i finanziamenti ad attività tecnicamente obsolete, inutili ed addirittura dannose, come l’estrazione del carbone del Sulcis, e dirottare le somme verso la riconversione su iniziative economicamente concorrenziali, o servizi pubblici.
Deve poi essere affrontata la questione dell’autosufficienza alimentare, nel senso che il bilancio tra quanto esportato e quanto importato deve risultare positivo, con una spinta poderosa verso l’associazionismo dei produttori, in modo che le quantità prodotte soddisfino anche i grandi mercati. L’autosufficienza alimentare è strettamente legata al turismo, un’industria che in Sardegna non riesce ad uscire da una situazione di dilettantesco artigianato, privo di professionalità, adagiato sulla certezza che, comunque vada, le bellezze della Sardegna continueranno ad attirare la clientela. Se fossi il presidente, farei cancellare l’imbroglio della continuità territoriale, e quello delle rotte in esclusiva.
Sempre con lo scopo di mantenere pulita ed in ordine la nostra regione, rivoluzionerei i sistemi di raccolta e trattamento rifiuti, utilizzando sistemi adatti alla situazione geografica ed alla distribuzione della popolazione. Chiusura delle discariche e trattamento tecnologico dei rifiuti, con impianti per il trattamento distribuiti secondo la necessità del bacino di utenza, ovviamente con il recupero energetico e dei materiali.
Sono solo pochi esempi della lunghissima serie di problemi che ci soffocano: non dimentico certo scuola, sanità, servitù militari, energia.
Se fossi il presidente…..a questo punto sarei già bloccato dall’infinita serie di regolamenti che impediscono di mettere mano a quanto ho scritto sopra, che paralizzano qualunque progresso, e che fanno la felicità dei traffichini della politica, che difendono i loro interessi dietro il rigore e la conservazione delle leggi, comunitarie, nazionali o locali che siano.
Quello che quindi auguro a me ed agli altri elettori è che, dopo una campagna elettorale noiosa e priva di contenuti, ma infarcita di proclami e dichiarazioni di principio, venga eletto, per pura fortuna e ad insaputa dei suoi presentatori e sostenitori, un lestofante innamorato della sua terra, non della poltrona.
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